Do you remember?

È successo e stavolta non me l’aspettavo. Quell’abbraccio improvviso e dolce di un profumo che rimane addosso- a noi, ai vestiti, alle cose- che prende il posto di chi non c’è, di chi ha dato forma a quell’abbraccio qualche ora prima, o un giorno intero.

Parlare stanca

E alla fine, a forza di parlare ci si stanca.

La sincerità scivola via, le parole dette diventano pesanti, s’attaccano alla pagina e solo le lacrime le trascinano via, ma a metà, lasciando una traccia dai contorni sbiaditi.

E restano turbinii di parole non dette, quelle sì, sincere come la lama del coltello, parole sospese nell’aria, sempre in quello spazio , quello dove tutto accade ma è difficile arrivare.

Eppure, basterebbe quel tocco, neanche, quel calore percepito attraverso la pelle, attraverso i vestiti, di un corpo vicino, di un’anima protesa verso di noi, pronta a buttarsi a capofitto nell’abisso. Basterebbe quello a toglierci dall’impasse, a svecchiare le nostre parole e a farcele vedere sotto una luce nuova, una nuova prospettiva, qualche endorfina in più.

Basterebbe così poco, eppure sembra così lontano.

Jar of hearts

In giro si dice che il cuore abbia un numero limitato di battiti, finiti quelli, si chiude baracca e burattini.
Ecco, a volte ho l’impressione che sia lo stesso con le parole. Ognuno di noi ha il suo limite, la sua parte di mondo da dire, e tutto sta nel scegliere dove metterle e a chi dedicarle.
Forse per questo è così speciale quando qualcuno ci dedica il suo tempo e la sua voce. Ma anche il silenzio fa la sua parte. D’altronde non c’è luce senza ombre. E senza ombre non ci sarebbero le ombre cinesi. E che mondo sarebbe senza!