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Saturday night fever

Non mi era mai capitato. Ieri sera ho visto Lui e – non lasciamoci sviare da questo nome così altisonante- mi ha detto, confermando le mie ipotesi, che per mesi è stato paziente, per arrivare a “questo momento”. Momento di niente perché non è successo nulla, però in effetti eravamo avvinghiati – lui, modello koala all’albero – sul divano. Di casa mia.
Tutto è iniziato come sempre inizia con me, o spesso, per carità cristiana. Lui “nuovo” della zona, siamo usciti alcune volte – cene, cinema – sempre dichiaratamente in amicizia e sempre a debita distanza. Lo vedo tutti i giorni – o quasi. Ha iniziato a toccarmi, gradualmente, prima poco, poi di più. Alla fine sembrava il padrino che ti presenta alla cresima, e io paralizzata dallo stupore di questo tocco molto intimo – come ogni tocco, per me – e allo stesso tempo totalmente apparentemente innocente. Perché lui, fetente, sapeva benissimo cosa stava facendo, tanto che io avevo già dichiarato ad amici e famiglia che se non avessi trovato un’utile distrazione a breve, sarei finita a generare i suoi figli. Come al solito, nessuno s’è preso a cuore il mio dolore e sono rimasta appesa alla mia solitudine- salvo una breve parentesi con Il Vecchio. Pertanto già da sabato avevo ponderato una seratina divano e filmetto- perché Lui venerdì s’era svegliato a chiedermi che avrei fatto il giorno dopo, e in tempi di guerra… alla fine però niente s’è fatto, e abbastanza scocciata gli scrissi, delusa non tanto da lui ma dalla vita.

Però – fetente – ci ha riprovato il giorno dopo. E io ormai avevo già deciso che non volevo vederlo da sola il film, e così me lo sono ritrovata a casa, a mangiare una pizza guardandoci negli occhi, e a sentirmi dire quei “sei fantastica” che tanto temo.
E così ho pensato che nessuno mai mi ha perseguita con tanta dedizione e freddo calcolo – ingegnere po!- e che un pochino fa anche piacere. E allo stesso tempo, nessuno l’ha mai fatto.

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